Giovanni Boldini

Self-portrait (1892)
Giovanni Boldini (1842-1931)
Giovanni Boldini (Ferrara, Italy; 31 December 1842 – Paris, France; 11 July 1931) was an Italian genre and portrait painter. According to a 1933 article in Time magazine, he was known as the "Master of Swish" because of his flowing style of painting.[1]

Life and career[edit]

Boldini was born in Ferrara, the son of a painter of religious subjects, and in 1862 went to Florence for six years to study and pursue painting. He only infrequently attended classes at the Academy of Fine Arts, but in Florence, met other realist painters known as the Macchiaioli. Their influence is seen in Boldini's landscapes which show his spontaneous response to nature, although it is for his portraits that he became best known.
Moving to London, Boldini attained success as a portraitist. He completed portraits of premier members of society including Lady Holland and the Duchess of Westminster.[2] From 1872 he lived in Paris, where he became a friend of Edgar Degas. He also became the most fashionable portrait painter in Paris in the late 19th century, with a dashing style of painting which shows some Impressionist influence but which most closely resembles the work of his contemporaries John Singer Sargent and Paul Helleu. He was nominated commissioner of the Italian section of the Paris Exposition in 1889, and received the Légion d'honneur for this appointment.
A Boldini portrait of his former muse Marthe de Florian, a French actress, was discovered in a Paris flat in late 2010, hidden away from view on the premises that were unvisited for 70 years. The portrait has never been listed, exhibited or published and the flat belonged to de Florian's granddaughter who went to live in the South of France at the outbreak[3] of the Second World War and never returned.[4] A love-note and a biographical reference to the work painted in 1888, when the actress was 24, cemented its authenticity. The full length portrait of the lady in the same clothing and accessories, but less provocative, hangs in the New Orleans Museum of Art.
Giovanni Boldini is a character in the ballet Franca Florio, regina di Palermo, written in 2007 by the Italian composer Lorenzo Ferrero, which depicts the story of Donna Franca, a famous Sicilian aristocrat whose exceptional beauty inspired him and many other artists, musicians, poets and emperors during the Belle Époque.




Giovanni Boldini (Ferrara31 dicembre 1842 – Parigi11 gennaio 1931) è stato un pittore italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]


Autoritratto a Montorsoli,1892, olio su tela, FirenzeGalleria degli Uffizi
Nasce ottavo di tredici figli, da Antonio, nativo di Spoleto, e Benvenuta Caleffi. Antonio Boldini (1799 - 1872)[1] era pittore di matrice purista, allievo di Tommaso Minardi (1787 - 1871), e restauratore. Si dice che, dotato di notevole tecnica, eseguisse buone copie di opere di Raffaello e di vedutisti veneziani. Dal padre, Zanin riceve, giovanissimo, i primi insegnamenti di disegno.
Ferrara frequenta dal 1858 i corsi di pittura di Girolamo Domenichini (1813 – 1891), che col padre Gaetano fu autore degli affreschi accademici nel locale Teatro, e di Giovanni Pagliarini(1809 – 1878), tenuti nel Palazzo dei Diamanti. Qui ha modo di conoscere bene i grandi quattrocentisti ferraresi, oltre a Dosso Dossi e al Parmigianino.
La sua prima opera nota è Il cortile della casa paterna, un olio datato al 1855; seguono, datati alla fine degli anni cinquanta, il suo Autoritratto a sedici anni e i ritratti del fratello Francesco, diMaria Angelini e di Vittore Carletti.

Firenze[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1862 si iscrive all'Accademia di Belle Arti di Firenze, allievo di Stefano Ussi (1822 - 1901) e del cavalier Enrico Pollastrini (1817 - 1876). Frequenta il noto ritrovo di artisti fiorentini, il Caffè Michelangelo, dove conosce Giovanni FattoriOdoardo BorraniTelemaco Signorini, il critico d'arte e mecenate del nascente movimento dei Macchiaioli Diego Martelli. Diviene amico inseparabile dei pittori Michele Gordigiani e Cristiano Banti del quale è ospite nelle sue ville di Montorsoli e di Montemurlo. Già manifesta il proprio interesse, che non abbandonerà mai, per i salotti eleganti dell'aristocrazia e dell'alta borghesia: spesso ospite degli inglesi Falconer, decora con tempera stesa a secco, dal 1867 al 1870, le pareti di una saletta della loro villa pistoiese "La Falconiera": la villa sarà acquistata nel 1938 dalla vedova del pittore e custodisce tuttora un centinaio di sue opere e di suoi cimeli. Gli affreschi che riproducono soggetti a carattere agreste ambientati in paesaggi toscani, dopo lo stacco avvenuto tra il 1974 e il 1975, sono ora esposti presso i musei dell'Antico Palazzo dei Vescovi a Pistoia.
Nel 1866 va a Napoli col Banti, che ritrae più volte. Nel 1867 compie un viaggio in Francia con i Falconer: a Montecarlo dipinge il Generale spagnolo - "una delle cose migliori della mia gioventù" -, dirà. A Parigi visita l'Esposizione Universale e conosce Edgar DegasAlfred Sisley e Édouard Manet.
Si stabilisce a Londra nel 1870, invitato da William Cornwallis - West, conosciuto a Firenze, che gli mette a disposizione uno studio nel centro della città, frequentato dall'alta società ma alla fine dell'anno è nuovamente a Firenze.

A Parigi[modifica | modifica wikitesto]


La Marchesa Luisa Casati con un levriero, collezione privata, 1908
Nell'ottobre del 1871 si stabilisce a Parigi aprendo uno studio nell'avenue Frochol e poi a place Pigalle dove risiede con la modella Berthe. Lavora per il più importante mercante d'arte parigino, Goupil, per il quale operano già pittori di grande successo come Mariano Fortuny ed Ernest Meissonier, oltre agli italiani Giuseppe Palizzi e Giuseppe De Nittis. Dipinge una serie di quadri di genere, d'ambiente settecentesco, allora molto in voga.
Nel 1874 espone con successo al Salon di Parigi Le Lavandaie. Termina la relazione con Berthe e inizia quella con la contessa Gabrielle de Rasty della quale espone un ritratto al Salon nel 1875; a maggio torna brevemente a Ferrara a causa della morte della madre. Nel 1876 viaggia in Germania, dove conosce e ritrae il grande pittore Adolph von Menzel mentre nei Paesi Bassi ha modo di apprezzare le opere di Frans Hals.
Ormai è affermato e richiestissimo dal cosiddetto bel mondo: nel 1886 ritrae una prima volta Giuseppe Verdi su tela - gli donerà il ritratto sette anni dopo a Milano - ma, non soddisfatto dell'esito, lo ritrae nuovamente il 9 aprile 1886, utilizzando il pastello su carta, in sole cinque ore. Il pittore lo tenne per sé, presentandolo all'Esposizione di Parigi del 1889 e nel 1895 alla I Biennale di Venezia, donandolo infine alla Galleria d'Arte Moderna di Roma nel 1918.
Il 5 febbraio 1887 assiste nel Teatro alla Scala di Milano alla prima dell'Otello di Verdi, ricevendone in dono lo spartito. Nel 1889 è nominato commissario della sezione italiana all'Esposizione Universale di Parigi, esponendovi tre suoi ritratti, tra i quali il noto Ritratto di Emiliana Concha de Ossa, nipote dell'ambasciatore cileno presso il Vaticano Luis Subercaseaux.
Alla conoscenza dell'opera dello svedese Anders Zorn si vuole far risalire la scelta del Boldini di aumentare il formato delle sue tele a partire dagli anni novanta. Nel 1892 torna in Italia, a Montorsoli, ospite del Banti, per soddisfare la richiesta del Museo degli Uffizi di un suo Autoritratto, che esegue in cambio di una copia del busto berniniano del Cardinale de' Medici. Torna a Parigi dove per un anno dà lezioni di pittura alla giovane e ricca americana Ruth Sterling.
Nella primavera del 1900 è ospite a Palermo della famiglia Florio, per eseguire il ritratto di donna Franca, il cui esito non soddisfa il marito Ignazio a causa dell'ampia scollatura e delle gambe scoperte poco sotto il ginocchio. Modificato, il ritratto, dopo il dissesto finanziario dei Florio, fu acquistato nel1928 dal barone Rothschild per l'enorme somma di un milione di lire. Rubato dagli occupanti nazisti a Parigi, il dipinto subì in Germania gravi danni tanto che fu necessario tagliarlo nella parte inferiore. Nello stesso anno è di nuovo presente all'Esposizione di Parigi con il ritratto di Whistler delBrooklyn Museum di New York e quello dell'Infanta Eulalia di Spagna ora conservato presso il Museo Boldini di Ferrara.
Nel 1904 chiede in sposa Alaide Banti, figlia dell'amico pittore Cristiano, ma il matrimonio sfuma e a Parigi Boldini avvia una relazione con la signora de Joss de Couchy.
Con l'inizio della guerra, nel 1914 si trasferisce a Nizza con la nuova modella Lina fino al 1918; l'anno dopo è insignito dal governo francese della Legione d'onore. Ormai malato, la vista indebolita, nel 1926 conosce la giovane giornalista Emilia Cardona, che sposa il 29 ottobre 1929. Muore a Parigi l'11 gennaio 1931; la sua salma è tumulata accanto ai genitori nel cimitero della Certosa di Ferrara.

Giudizi critici[modifica | modifica wikitesto]


L'Infanta Eulalia di Spagna, olio su tela, FerraraMuseo Boldini1898

Canale a Venezia con gondole,1899 - 1913, olio su pannello, Gallerie di piazza ScalaFondazione Cariplo,Milano
« La sua pittura è un ammasso di lasciarlo e di fatto, di falso e di vero, che bisogna prenderlo com'è. E non ci vuotare il capo a farci sopra delle teorie; né si può dire che quando siete davanti a un suo lavoro, possiate non guardarlo, egli affascina, vi corbella, vi mette il capo sottosopra; sentite che quella faccenda che avete sotto gli occhi è una profanazione della vostra divinità, ma purtuttavia ci trovate gusto, lo gnomo vi inviluppa, vi sbalordisce, vi incanta, le vostre teorie se ne vanno, ed egli ha vinto. »
(Diego Martelli)
« ...se una cosa [gli amatori d'arte] ammirano nei ritratti del signor Boldini, è la freschezza del colorito e per l'appunto è questa freschezza è la qualità che meno apprezziamo in quest'artista. Mentre la fattura larga e facile ci piace, il colore continuamente bello e lucido ci stanca; in natura, i colori belli di per se stessi non vi sono, ma paiono tali per il giusto contrapposto con gli altri, il fare i colori più belli della natura è far falso e convenzionale insieme »
(Signorini, 1867)
« Giovanni Boldini incarna il genio vibrante e facile, la maestria posta sempre meglio al servizio del piacere dei sensi, l'artista della decadenza estrema dotato di parecchi fra gli espedienti che vennero ignorati dai maestri italiani delle grandi epoche »
(Blanche, 1931)
« I suoi ritratti sono "condotti con un'esecuzione spedita, sciolta, di tocco e di bravura, che rivela abbondanza di doni nativi ma troppo spesso devia verso una facilità di cattiva lega »
(Brizio, 1944)
« Era un artista ultra chic, in suo modo particolare, specialmente quando ritraeva lungiformi signore dell'alta società internazionale che appaiono dipinte come sotto un vetro traslucido. Esperto di quel mondo e della letteratura francese che lo ha rappresentato, interpretava molto bene la più alta eleganza femminile in un'epoca in cui era anche troppo rivestita dagli artifici dei sarti e delle modiste, figurativamente legata in pose ambigue che stanno tra il salotto e il teatro. Ma quei ritratti hanno un forte potere d'incanto: rivelano spontanee e sicure doti di pittore... »
(Berenson, 1958)
« Le donne ebbero sempre un ruolo di primo piano nella sua vita, nel ritrarle egli ne esaltava le caratteristiche migliori, allungava gambe, mani, piedi per esaltare il fascino naturale. Raggiunta la celebrità e la ricchezza non smise di impegnarsi nel lavoro, che programmava minuziosamente: ogni suo quadro era preceduto da schizzi, appunti e prove per ottenere la perfezione formale. Persino i suoi caratteristici, rapidissimi colpi di pennello, le cosiddette "sciabolate" che imprimevano vita e movimento, erano accuratamente studiati. »
(Anonimo)
« Le donne di Boldini, sono nature flessuose e disinibite che mostrano senza reticenza un modello di bellezza erudito e, spogliandosi, affermano la loro autodeterminazione di individui maturi e emancipati, pienamente consapevoli della propria femminilità. Nature fantastiche e conturbanti, raggiungono eccitate lo studio dell'artista, impazienti di sfuggire al protocollo dei loro palazzi, di slacciare i rigidi corpetti di stecche di balena, per abbandonarsi, libere finalmente, nel tepore del boudoir, di sentirsi loro stesse protagoniste, ammirate e soprattutto comprese, di fronte al “fauno”, a quel piccolo uomo al quale non sanno tacere i loro più reconditi desideri.
Boldini non le giudica, perché giudicarle significherebbe rinnegare la sua natura dissoluta ma, anzi, le incoraggia a esprimersi, raccoglie le loro confessioni, le loro angosce e le induce a riflettere sulla fatuità del tempo e dell'amore che vive di un solo attimo.
L'artista sa cogliere a volo quel momento, quello irripetibile, in cui la bellezza appare più sfolgorante e in cui le sue muse si mostrano più disinvolte e naturali. Eppure questi ritratti ricolmi di tanta bellezza sono spesso perturbati da un senso di provvisorietà, che aleggia velata, che freme nell'aria e negli sguardi ora struggenti, ora superbi o malinconici, di femmine insoddisfatte e irrequiete, colpevoli di vanità, complici compiaciute e sopraffatte da quella immagine certamente sconveniente che il genio italiano darà di loro.
L'artista esalta il loro ego ritraendole spesso soltanto un attimo prima che, sopraggiungendo l'autunno della vita, la loro bellezza appassisca per sempre, che le loro foglie di rose profumate comincino a cadere. A volte, come uno stregone, raccoglie i fragili petali e con un gesto d'amore ricompone quei fiori appassiti restituendogli un attimo di eterna primavera. »
(Panconi, 2008)
« Per noi la Belle Epoque fu soprattutto il tempo di De Nittis, di Corcos, di La Gandara, di Stevens, di Tissot, di Sargent, di Helleu, di Whistler, di Beraud, di De Jonghee e, sopra ogni altro, di Boldini, geniale capostipite di questa generazione di pittori cosiddetti à la mode giunto a Parigi proprio nel 1871, dando origine all'irresistibile stile Boldini. Il 1871 dunque quale data di inizio della lunghissima esperienza francese di Boldini e quindi della Belle Époque che, in senso estetico e figurato, sbocciava, deflagrava e concludeva la propria parabola, parallelamente alle rappresentazioni caratterizzate del peintre italienne de Paris, prima esordiente e giovane pittore di belle speranze, poi fulgido astro dell'arte internazionale e infine, proprio negli anni fatidici del primo conflitto mondiale, afflitto da una grave malattia della vista che segnò l'inizio del suo declino umano e artistico.
“…Tutto andava di bene in meglio. Questo era il mondo in cui nacqui, all'improvviso, una mattina del 1914, ogni cosa giunse inaspettatamente alla fine…”. »
(Panconi, 2011)


    Diego Martelli, 1865





autoritratto mentre sta guardando una pittura 1865
self portrait while looking at a painting





Le sorelle Lascaraky, 1869
Olio su tavola, cm 14 x 22,5
Museo Giovanni Boldini, inv. 1353
A Firenze Boldini trova un ambiente ricco di stimoli e qui intraprende una proficua attività di ritrattista. La vicinanza alla cerchia dei macchiaioli, un gruppo di artisti che si battevano per affermare le ragioni di un’arte anticonvenzionale e fedele al “vero”, sostiene la sua ricerca di un nuovo modo di intendere il ritratto, al cui rinnovamento Boldini contribuirà in maniera decisiva.

Oltre ad essere caratterizzata da una pennellata energica e vibrante, la prima maniera dell’artista è contraddistinta dalla scelta di non mettere in posa i modelli bensì di collocarli in luoghi familiari, raffigurandoli in atteggiamenti disinvolti e naturali. Ma, a colpire profondamente i colleghi e ad aprire nuove prospettive alla ritrattistica del tempo fu soprattutto la scelta di Boldini di posizionare i soggetti non più su sfondi uniti, come insegnava l’accademia, bensì in ambienti che «hanno per fondo ciò che presenta lo studio, di quadri, stampe e altri oggetti attaccati al muro, senza che per questo la testa del ritratto ne scapiti per nulla»; ciò costituisce un elemento fondamentale, non solo da un punto di vista formale, poiché, svelando le personalità e i gusti degli effigiati, Boldini ancora la composizione a un momento e a un luogo definito, dunque ad una realtà concreta piuttosto che ideale o poetica. Esemplificativo di questa prima fase, Le sorelle Lascaraky – appartenenti ad una famiglia russa allora residente a Firenze – è un piccolo capolavoro frutto anche di un’intuizione psicologica di straordinaria sottigliezza. In questo vero e proprio brano di realtà borghese contemporanea, Boldini riesce a restituire perfettamente il carattere delle fanciulle e le dinamiche degli affetti attraverso la descrizione dei loro atteggiamenti. Sedute su un divano, le sorelle sono intente a lavori di cucito. Il gesto graziosamente “scomposto” della giovane al centro, che distende le gambe per appoggiare i piedi al tavolo, sottolinea ancor più l’intimità della scena, un’intimità familiare di cui il pittore era partecipe. La più grande delle tre, Lola, è seduta sulla sinistra e ha interrotto per un attimo il suo lavoro alla ricerca dello sguardo dell’artista, un gesto che sottolinea il legame che al tempo li univa. Datata in basso a destra «4 9bre 1869 G. Boldini», la tavoletta ha tutto il sapore di una pagina di diario, racconto di un momento felice della sua vita che il pittore volle conservare sempre con sé.

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