Filippo De Pisis

Filippo De Pisis


Natura morta col martin pescatore1925

Natura morta col martin pescatore, 1925
Olio su cartone, cm 46 x 71,5
Museo d’Arte Moderna e Contemporanea “Filippo de Pisis”, inv. 640
Natura morta col martin pescatore è firmato e datato “Ferrara 7-XII-1925” e venne dipinto quando De Pisis, che aveva vissuto a Parigi dall’aprile al luglio di quello stesso anno, si trovava in Italia per preparare il suo trasferimento definitivo nella capitale francese. Si tratta di un’opera che, assieme ad altre del 1925, segna i primi passi del pittore verso l’acquisizione di una lingua propria e, pur mancando della febbrile leggerezza e della libertà compositiva di certe nature morte che avrebbe creato di lì a poco, rappresenta un progresso rispetto al «bel dipingere» e alla pittura «un po’ secca» – così l’aveva definita lo stesso artista – dei precedenti anni romani. Le tonalità cromatiche sono intense, la materia pittorica è piena e l’insieme, sebbene un po’ statico, risulta convincente. Come ha scritto Claudia Gian Ferrari, la natura morta rappresenta il genere letterario-poetico per eccellenza nell’opera di De Pisis e, anche in questo caso, attraverso la messa in scena meditata degli oggetti, viene orchestrata una vera e propria narrazione carica di suggestioni, che fa pensare ad un saluto e ad un congedo dalla propria città natale e dagli anni dell’adolescenza. Il tema pascoliano del sentimento della morte, reso struggente dalla vivacità del piumaggio dell’uccello, è stemperato dagli altri oggetti disposti con cura: un ventaglio, un bicchiere, un’arancia, un pacchetto di sigarette. Tra questi, figura anche una piccola marina notturna che emana la propria atmosfera romantica sul resto della composizione. Il motivo del quadro nel quadro è ricorrente nella sua produzione, in particolare nei dipinti del biennio 1925-26. A volte si tratta di un omaggio di De Pisis a un maestro da lui amato, come ad esempio nella Natura morta con il «Capriccio di Goya» o ne I pesci sacri, che mostra un dettaglio di un’opera di De Chirico del 1916, all’epoca della loro amicizia ferrarese. In altri casi sono composizioni anonime, tele vuote o firmate dall’artista stesso, come nella Natura morta col martin pescatore. Qui egli ha voluto forse inserire una prova giovanile, un cimento degli anni ormai distanti in cui la pittura era ancora soltanto il commento figurativo alla preponderante attività letteraria

1896-1913 

Luigi Filippo Tibertelli nasce a Ferrara l’11 maggio 1896, da Giuseppina Donini e dal nobiluomo Ermanno, terzo di sette fratelli. Ernesta, l’unica sorella, di appena un anno maggiore di lui, avrà una notevole importanza nella sua formazione.
Luigi Filippo, chiamato Gigi in famiglia, non frequenta scuole pubbliche o collegi, ma i suoi studi, come quelli dei suoi fratelli, sono affidati ad alcuni precettori che ne curano l’educazione a casa. Comincia così, attorno al 1904, a disegnare sotto la guida del professor Odoardo Domenichini. Nell’autunno di quest’anno la famiglia Tibertelli lascia il palazzo di via Mortara e trasferisce la propria residenza a Palazzo Calcagnini, di proprietà del conte Giovanni Grosoli Pironi.
Segretamente, per non dispiacere al professore Domenichini, Gigi prende lezioni di disegno anche da Angelo e Giovanni Longanesi.
Del 1908 sono le sue due prime tavolette, I Passeri e le Passere, al retro delle quali si legge: “L.F. Tibertelli de Pisis fece nell’estate del 1908 a 12 anni.”
Due anni più tardi il conte Grosoli gli concede di usare la soffitta del palazzo come studio; con qualche pezzo di seta e della carta da parati egli la trasforma in un ambiente dove poter raccogliersi a disegnare, leggere, studiare.1 Sempre in questo periodo gli vengono sistemate dapprima le scuderie del palazzo e infine un piccolo appartamento al mezzanino.2
La madre gli regala le poesie di Giacomo Leopardi. Al 1910 si fa anche risalire uno scritto di Gigi probabilmente nato dal suo primo incontro con Venezia.3
Frequenta il ginnasio, con alterni risultati, tanto che la licenza ginnasiale la otterrà nella vicina Cento.
Nell’estate del 1911, trascorsa a Villa Donini della Longara (Calderara di Reno), dai parenti della madre, è preso da studi di entomologia; raccoglie conchiglie, farfalle e, con l’aiuto della zia Emma Donini, colleziona il suo primo erbario che, completato quattro anni più tardi, donerà all’Università di Padova.
La biblioteca della villa lo ospita spesso, intento a sfogliare riviste illustrate, dalle quali ricalca figurini di moda, e a copiare all’acquarello incisioni di fiori dell’Ottocento inglese. Anche gli affreschi della villa, realizzati verso la metà del secolo precedente dal bolognese Guardassoni, lo interessano.
Nell’estate del 1912, trascorsa a Villa Padovani all’Osservanza di Bologna, in compagnia della sorella Ernesta e della cugina Maria Clotilde Donini-Baer, legge molto approfondendo i propri interessi scientifici e letterari.
Scrive un diario, novelle e piccoli saggi abbastanza descrittivi. Esegue anche qualche ritratto dal vero, Lo zio L’illusionista Pikman, quest’ultimo incontrato durante un’esibizione. Si iscrive al liceo a Ferrara; fra i suoi compagni c’è anche Italo Balbo.4
Ancora un’estate intensa alla Longara, dove prenderà l’avvio unoZibaldone che verrà terminato nel 1917.
Continua a scrivere diari, ricchi anche di appunti di disegno, piccole impressioni, come il Pollaio alla Longara Paesaggio alla Longara.Inizia a pubblicare qualche saggio, a tenere conferenze e a intrattenere corrispondenza con artisti e scrittori, come Pascoli e il più giovane D’Annunzio. Assume il nome d'arte "Filippo de Pisis" appellativo parte del suo cognome.

1914-1919 

Nel 1914, conseguita la licenza liceale, passa le vacanze estive a Villa Bortolomasi, vicino a Bologna. Tornato a Ferrara, dipinge una copia della Madonna del Cignaroli, minia delle pergamene con il Cantico di san Francesco e, in lunghe passeggiate per Ferrara, riempie taccuini, fissando con la matita monumenti, chiese, ceramiche, sculture e pitture, un itinerario erudito alla scoperta delle tracce della cultura ferrarese del Cinquecento.
Datato 10 gennaio 1914 è un Autoritratto che reca la scritta: “Fatto in un quarto d’ora davanti a uno specchio con una sola matita Faber n. 3 senza gomma.” Di quest’anno sono alcuni dipinti: Le due pere, Oggetti con numeri, Paesaggio in collina.
Stende Le visioni di un agnostico che rimarranno incompiute e inedite.
Nell’anno successivo prosegue lo studio su particolari aspetti della cultura della sua città, scrivendo alcuni brevi saggi su Gioan Francesco Serchi, detto il Dielay, pittore ferrarese del XVI secolo, e su Ercole Sarti detto il Muto da Ficarolo.
È interessato però anche dalla lettura delle riviste d’avanguardia “La Voce” e “Lacerba” ed entra in contatto con Corrado Govoni, nella casa del quale vengono ospitati nel giugno di quest’anno Giorgio de Chirico e il fratello Alberto Savinio, rientrati dalla Francia per prestare servizio militare volontario. Raggiunti più tardi dalla madre, i due fratelli prenderanno alloggio in un appartamento di proprietà del sindaco di Ferrara, vicino a casa Tibertelli.
Durante le vacanze estive a Villa Pallavicini, presso Bologna, de Pisis scrive I canti della Croara che dedica al Pascoli. Tre di queste poesie saranno pubblicate su “La Riviera Ligure” di Mario Novaro.
È chiamato a Venezia per la visita militare e internato brevemente in ospedale, dove esegue qualche schizzo dei compagni di camerata. Viene riformato per nevrastenia. A Venezia studia Tiziano, Tintoretto e Tiepolo. Copia nei musei e in raccolte private quadri antichi; si impegna in un esperimento di poesia futurista, Il bandone.5
Per poter frequentare l’università e l’ambiente culturale della città nel 1916 prende casa a Bologna in via Marsala 17. Si lega di amicizia col critico Giuseppe Raimondi, conosce Giovanni Cavicchioli, Umberto Saba, Giuseppe Ravegnani, Marino Moretti e Alfredo Panzini. Legge Baudelaire, Rimbaud e Verlaine.
Durante questo soggiorno bolognese scrive Vaghe stelle dell’Orsa,6Diario di Bologna (1916-1918) e Lettere al fratello Leone.
Nel maggio 1916 pubblica presso la Tipografia Bresciani di Ferrara un’edizione fuori commercio dei Canti della Croara, prefati da Corrado Govoni;7 sulla copertina è riprodotto il suo primo ex libris col motto “Pulchriora latent”, che userà anche in chiusura della dedica, a Govoni e agli amici ferraresi, delle prose liriche intitolate Emporio, pubblicate poco dopo.8 In quest’anno dipinge La casa col pino Marina con conchiglie. Vede per la prima volta in riproduzione un dipinto di Modigliani.
Da un articolo di Savinio apparso su “La Voce”9 de Pisis apprende l’indirizzo di Ferrara dei fratelli de Chirico e li contatta, iniziando una frequentazione importante per lo sviluppo dei propri interessi letterari, poetici e anche pittorici, e si avvicina tramite loro all’avanguardia francese (Apollinaire e Jacob). Probabilmente da questa amicizia derivano certe modifiche nell’appartamento ferrarese di de Pisis, dove gli incontri artistico-letterari si svolgono nella “camera melodrammatica” o nel “salotto metafisico”.10 De Chirico ritrae de Pisis in tre disegni di quest’anno. La “Gazzetta Ferrarese” pubblica il 7 ottobre 1916 un suo articolo dedicato a de Chirico. Da Savinio ha l’indirizzo di Ardengo Soffici e di Tristan Tzara. A entrambi scrive, proponendo scambi epistolari, inviando testi e foto dei suoi dipinti. Intrattiene infatti con Soffici una corrispondenza che avrà un peso non indifferente per questi anni formativi e che durerà fino al 192211 e altrettanto fa con Tzara, fino alla sua andata a Parigi (1925). È da una delle lettere a lui indirizzate, datata 26 dicembre 1916, che si rileva la conoscenza di Morandi da parte di de Pisis.12 Dal carteggio di Savinio con Soffici e Tzara risulta che, malgrado l’entusiasmo e la stima di de Pisis per costoro, tale amicizia non era affatto ricambiata.13 Ma da documenti successivi, che testimoniano una diversa posizione critica, si può arguire che tali atteggiamenti devono essere letti come forma di snobismo culturale dei due fratelli de Chirico. A Bologna, nel 1917, è assiduo frequentatore del Caffè S. Pietro e del Caffè della Barchetta, con gli amici Raimondi, Cavicchioli, Campana e altri. Inizia una corrispondenza con Balilla Pratella; legge “Dada”, collabora con la rivista bolognese “Brigata” di Bino Binazzi e Francesco Meriano. Scrive un racconto metafisico, Mercoledì 14 novembre 1917, che pubblicherà l’anno successivo.
Dedica ad Apollinaire la prosa A la belle étoile.14 Dà l’avvio a una raccolta di prose metafisiche: Il tema, che proseguirà fino al 1920,Incontri, che interromperà nel 1924, e Primavera d’avanguardia(1917-19).
Disegna molto, incuriosito dalle figure efebiche, statuarie, iniziando così un tema di ricerca sul corpo umano che lo accompagnerà lungo tutta la sua vita di pittore e di scrittore.
Nel gennaio 1917 anche Carlo Carrà è a Ferrara, militare al distaccamento di Pieve di Cento, e, tramite Soffici, incontra i fratelli de Chirico; nel settembre de Pisis è richiamato alla visita militare e viene definitivamente riformato. Nelle pagine dello Zibaldone dedicate a Carrà disegna una composizione con pesci.
Anche il 1918 è un anno di intensa attività letteraria; pubblica a Firenze una Raccolta di uomini illustri nella pinacoteca di Ferrara, a Faenza Appunti sulla ceramica graffita ferrarese del XV e XVI secolo.Esce, sulla “Gazzetta Ferrarese” del 12 febbraio, un suo articolo, Carrà e de Chirico, il cui spunto è una mostra a Milano di Carrà; tiene una conferenza a Viareggio il 29 luglio (o agosto) sulla pittura moderna, prendendo posizione a difesa dell’avanguardia e del futurismo e parlando ancora ampiamente di Carrà e de Chirico. Ne pubblicherà il testo nel 1919 a Ferrara (Taddei-Neppi editore) dedicandolo al maestro Alfredo Casella. Conosce in questa occasione Prampolini.15Nell’ottobre di quest’anno scrive e invia ai giornali una Lettera aperta a Benedetto Croce dove polemizza con la sua affermazione che il futurismo non sia né poesia né arte.16
Continua la propria collaborazione a “La Riviera Ligure” di Novaro e inizia a pubblicare scritti di storia dell’arte nella rivista di Malaguzzi Valeri. Esce a Roma il 5 giugno il primo numero della rivista di Mario Broglio, “Valori Plastici”, con un articolo di de Pisis (che rimarrà anche l’unico su questo foglio): Pensieri per una nuova arte: l’arte figurativa e l’arte plastica. Conosce a Bologna Riccardo Bacchelli.
A Ferrara dipinge alcune composizioni metafisiche e paesaggi della campagna ferrarese. Avvia un breve romanzo autobiografico, Il signor Luigi B., che sarà pubblicato a Milano dall’editore Facchi nel 1920. Probabilmente a due mani con la sorella Ernesta, scrive e pubblica l’anno successivo, con lo pseudonimo Maurice Barthelon, Il verbo di Bodhisattva, un testo esoterico che nella prefazione definisce “versione da un antichissimo testo orientale”.17 Nel 1919, nell’ambito del gruppo della “Ronda” a Bologna, conosce Cardarelli e frequenta Morandi. A Milano incontra Marinetti. Nel mese di febbraio, in un breve soggiorno a Roma, gli viene presentato Giovanni Comisso,18 con il quale inizia un’amicizia che si approfondirà in affinità intellettuale e in reciproca stima. Anche de Chirico è a Roma, andatovi per il congedo. De Pisis gli testimonia ancora una volta il suo apprezzamento con un articolo che pubblica su “La Provincia di Ferrara”, nel quale afferma doversi “ritenere il più forte e originale che vanti oggi il nostro paese”.19 Scrive ancora molto, brevi prose e saggi: A spasso per l’Italia, inedito, Saggi curiosi di lingua e stile, pubblicati a Roma, un pezzo su Bino Sanminiatelli e Prose, che pubblica nel 1920 a Ferrara dedicandole a Giovanni Boine; tiene una conferenza sulla pittura metafisica e continua, sollecitato da Raimondi, la corrispondenza con Tzara, cui invia per la rivista “Dada 3” anche articoli da pubblicare.
Dipinge durante quest’anno Natura morta metafisicaL’ora fatale eL’uomo col tubino. Entra in corrispondenza epistolare con Olga Signorelli.20

1920-1924 

Nel marzo del 1920 la Casa d’Arte Bragaglia organizza la sua prima mostra presentando disegni e acquarelli (con un testo introduttivo dello stesso de Pisis), ma l’esposizione non riscuote successo né di critica né di vendite.
Pubblica Anamnesi dell’arte, testo di una conferenza tenuta a Ferrara l’8 maggio, nel quale traccia con acute osservazioni una sintesi delle diverse problematiche estetiche che in quegli anni vanno delineandosi.21 Scrive Telegrafo senza fili, che resta inedito e incompiuto, Futurismo e chiaro di luna, La mia visita a F.T. Marinetti,Lettera a Primo Conti.22
Ferrara, che definisce in una lettera a Olga Signorelli “città morta”, non lo soddisfa più. Il conte Grosoli lo invia a Roma come corrispondente letterario stipendiato dei giornali cattolici "l'Italia" e "il Momento", quindi ottiene un impiego a Roma. Smonta la casa di via Montebello23 e si trasferisce a Roma in via Monserrato 149, presso le sorelle Cipolla, trasformando in poco tempo anche questa stanza in un “atelier delle meraviglie”.
Visita i musei, curioso di tutto, affascinato dalla decadenza di certa pittura del Seicento, ma anche dalla forza del Caravaggio. Scrive un diario Vert-Vert, Uomini e donne Novelle (questi ultimi inediti). Frequenta, in compagnia della baronessa de Nagloska, il Caffè Greco, dove una sera gli viene presentato Demetrio Bonuglia al quale si lega di profonda amicizia; e la “terza saletta” dell’Aragno, dove si riunisce il gruppo della “Ronda”. Conosce Bruno Barilli, Mario Broglio e Armando Spadini, con il quale spesso va a dipingere en plein air.
Il soggiorno a Roma segna un momento importante nella vita di de Pisis, sia per l’evoluzione della pittura che per le scelte culturali. Malgrado la mostra da Bragaglia, infatti, fino a questo momento la sua attività pittorica non è certo la prevalente. Anzi, egli si considera più poeta che pittore. Anche la scelta di un impiego nel campo dell’insegnamento testimonia come ancora egli non consideri la pittura che uno dei molti interessi che un intellettuale attento e aperto alle varie manifestazioni dell’arte può coltivare. Tiene infatti nel 1921 conferenze e lezioni al Corso libero di storia dell’arte antica e moderna all’Accademia di San Carlo al Corso; scrive sempre molti articoli o prose (inizia Epigrammi amatori, La camera melodrammatica, Pax, La citta dalle cento meraviglie o i misteri della città pentagona, dedicati a Ferrara, che pubblicherà da Bragaglia probabilmente nel 1923).
La sua camera di via Monserrato, che egli chiama la “camera incantata”, è luogo di incontri con amici, poeti, pittori, intellettuali o nobili decadenti. Conosce i poeti Arturo Onofri e Moscardelli e, nel ristorante vegetariano di piazza di Pietra, incontra Giovanni Verga del quale tratteggia un ritratto; ritrova de Chirico, e frequenta il gruppo del secondo futurismo: Pannaggi, Prampolini, Evola, Dottori. Spesso lo si incontra in locali notturni come Le Grotte dell’Augusteo, la Taverna Russa, gli Indipendenti.
Nel 1922 dedica a Fortunato Depero una conferenza alla Galleria Bragaglia, e una a Gordon Craig agli Indipendenti. Scrive poesie erotiche, Memorie di una scimmia (1922-24); frequenta i ricevimenti dell’Accademia inglese di Valle Giulia, di cui conosce la direttrice, l’archeologa Eugenia Strong, e dell’Accademia di Francia a Villa Medici. Fa qualche breve viaggio a Bologna e Ferrara, e visita Assisi restando colpito da Giotto e Lorenzetti.
Nella primavera del 1923 accetta un incarico di insegnamento di latino in un ginnasio privato della cittadina umbra e lo emoziona molto la frequentazione con le grandi pitture murali della basilica; disegna schizzi e appunti riprendendo particolari di affreschi e dipinge tele che possono definirsi quasi dei d’après. Anche la campagna umbra, dolce e lirica, lo affascina e diventa soggetto di suoi quadri. Frequenta il poeta Louis Le Cardonnel, amico di Rimbaud, Verlaine e Mallarmé. Insieme traducono le Odi di Orazio e leggono Baudelaire, Racine e Ronsard. Le vacanze estive de Pisis le trascorre a Villa Ortensia di Cave.
Tornato a Roma, apre uno studio, che chiamerà la “gabbia d’oro”, nell’ex granaio di Palazzo Fornari, di proprietà del principe Massimo.
Il 5 giugno del 1923 muore il padre, e de Pisis torna brevemente a Ferrara, ma ormai ha deciso di trasferirsi a Parigi e, malgrado le preoccupazioni di tipo economico del fratello Pietro, con l’appoggio della madre si avvia a predisporre la sua partenza.24
Gli viene assegnata una cattedra di lettere a Poggio Mirteto in Sabina, e scrive delle note su questo soggiorno (Terra sabina, inedito). Torna in Umbria e in Toscana, dove incontra Soffici. Le gallerie e i musei romani lo vedono sempre appassionato frequentatore: Guercino, Poussin e Rubens sono i punti di riferimento del suo interesse. Dipinge grandi nature morte marine, paesaggi e interni di osteria con personaggi derelitti (Il poveraccio, collezione Signorelli).
Con la madre va in vacanza in Cadore, a Fiera di Primiero, Pozzale, San Martino e Cavalese. Dipinge stupendi paesaggi di ampio respiro. Rientrato a Roma, si prepara per una personale di pittura, inaugurata il 1° novembre nel ridotto del Teatro Nazionale, che verrà presentata dall’amico Armando Spadini. Sono ventiquattro opere recenti, con le quali de Pisis intende verificare, nel confronto con la critica e col pubblico, il proprio discorso pittorico. I giornali registrano due critiche positive (“Messaggero” e “Mondo”), ma vendite nessuna. Dopo la mostra il marito di Olga Signorelli, Angelo, decide di acquistare una ventina di opere.25

1925-1930 

Partecipa alla III Biennale romana, nei primi mesi del 1925, esponendo Cibi agresti Natura morta fianco a fianco alle opere di de Chirico e Donghi. La Casa d’Arte Bragaglia gli organizza in marzo un’altra personale. Nello stesso mese parte per Parigi, dove prende alloggio all’Hôtel Bonaparte, in rue Bonaparte. Nelle lettere a Olga Signorelli si legge l’entusiasmo per la città, per i musei (la ricchezza del Louvre lo sbalordisce), per gli amici ritrovati (de Chirico, Savinio, Senzani, Palazzeschi).
Scrive a Tristan Tzara per conoscerlo personalmente. Fra maggio e giugno si reca con l’amico Marino Moretti a Bruxelles e poi a Ostenda. Tornato a Parigi, si trasferisce all’Hôtel Esperia in avenue Suffren. Ha un piccolo atelier, subaffittando una stanza in Cour de Dragon, da un incisore. Dipinge molto, vedute parigine, libere copie dall’antico (Manet, Daumier, Delacroix), nature morte, fiori, studi di nudo. La sua pittura trova consensi nell’ambiente parigino.26
In estate torna in villeggiatura in Italia, a Valle di Cadore. Più tardi è a Cervia. Di passaggio a Bologna mostra all’amico Raimondi nell’atrio della stazione un rotolo di tele realizzate a Parigi, fra cui la Grande natura morta con lepre, omaggio a Delacroix.
Torna brevemente a Roma.27 Riparte per la Francia e stringe rapporti con l’ambiente culturale parigino. Henri Prunières, fondatore della “Revue Musicale”, gli diventa amico, così come Moreau, Segonzac, Bosnard (che diventerà direttore dell’Accademia di Francia a Roma), Hélène Casella, André Denoyer. Ancora scrive dando l’avvio a un romanzo autobiografico, Il marcbesino pittore.28
Il 5 gennaio 1926 si inaugura a Milano alla Saletta Lidel una sua personale che allinea quarantasei opere con una presentazione di Carlo Carrà.29 A Parigi de Pisis, trasferitosi all’Hôtel de Suffren, vede spesso de Chirico, che lo stima e incoraggia, acquistandogli perfino un dipinto. Gli fa anche un ritratto con dedica: “A de Pisis toujours et quand même Giorgio de Chirico.” È sempre de Chirico che lo presenta in una mostra personale in aprile alla Galerie au Sacre du Printemps.30 Poco prima a Milano si è inaugurata la I Mostra del Novecento italiano alla Permanente, artefice Margherita Sarfatti, che presenta il meglio dell’arte italiana; de Pisis, invitato, invia tre opere:Interno tragicoCampagna ferrarese, Campagna del suburbio. Anche la Biennale di Venezia di quell’anno vede per la prima volta nelle sue sale una natura morta di de Pisis. Così come la collettiva alla Fondazione Bevilacqua La Masa lo annovera fra i partecipanti; in questa occasione veneziana conosce Nino Barbantini e Pio Semeghini. In settembre è in vacanza in Cadore, a Calalzo.
Nel gennaio 1927, per la sezione italiana dell’Università Mercerau, legge e commenta Palazzeschi e Govoni. Trasloca in place St. Sulpice 3, vicino alla chiesa di St. Sulpice, dove spesso si sofferma ad ammirare gli affreschi di Delacroix. Ha intanto trasferito lo studio in rue Madame 18. L’editore Gallimard pubblica la Recbercbe di Marcel Proust e de Pisis ne segue con interesse l’iter di stampa. Conosce Italo Svevo e Joyce, Georges Braque, Matisse e Picasso.
Nel novembre 1927 de Pisis è coinvolto in una polemica piuttosto vivace sulla stampa in seguito a un’intervista pubblicata su “Comoedia” nella quale si legge: “Non sono fascista [...] ho preferito vivere in Francia.” Il “Corriere Padano”, “Roma Fascista” e il “Tevere” lo attaccano per queste dichiarazioni, e solo l’amicizia di Italo Balbo riesce a mettere a tacere, senza conseguenze, il piccolo scandalo.31
Partecipa alla mostra d’arte italiana in Olanda organizzata ad Amsterdam dal comitato del Novecento italiano. Come tutti gli anni, in settembre è in Cadore in vacanza a Fiera di Primiero, con la madre. Nei primi mesi del 1928 alloggia all’Hôtel Bonaparte. Esce la sua prima monografia per la collana “Maîtres de l’art étranger” delle edizioni Croniques du Jour, con un testo critico di Waldemar George, in 315 esemplari numerati. Sono pubblicate 24 tavole, e quattro scritti di de Pisis, Ecole enfantine israelite (già pubblicato in La città dalle cento meraviglie), Nature morte marine, Le pied romain Composition,inediti, stesi a commento di dipinti riprodotti. La XVI Biennale di Venezia dedica una sala alla “scuola di Parigi”; de Pisis è presente conNatura morta marina. A Parigi aveva partecipato poco prima a una mostra al Salon de l’Escalier intitolata “Les artistes italiens de Paris”.
In settembre è a Lavarone in vacanza con gli amici Cavicchioli, Prati e Comisso. Da qui scrive a Bonuglia per comunicargli i successi, anche economici, della sua pittura.32
Da Parigi invia due opere (Vitello squartato Paesaggio del Cadore)alla II Mostra del Novecento italiano che si inaugura il 2 marzo 1929 alla Permanente di Milano; e partecipa alla mostra di pittura italiana alla Galerie Zac, organizzata da Tozzi per conto del comitato del Novecento.
La rivista di Maccari “Il Selvaggio” dedica nel numero di giugno di quest’anno una pagina a de Pisis, riproducendo anche due suoi acquarelli e un disegno.
Nell’estate è a Cavalese con la madre, che si ammala e, dopo un breve ricovero all’ospedale di Trento, muore in settembre. Il rapporto che legava de Pisis alla madre era certamente profondo e complesso, e questa improvvisa mancanza lo abbatte violentemente. Scrive in qualche poesia il suo dolore e la sua disperazione. Fa visita al fratello Leone in una villa vicino a Modena, e poi va a Venezia, dove dipinge nello studio del pittore Juti Ravenna.
Tornato a Parigi, partecipa a un’altra mostra curata da Tozzi, questa volta alla Galerie Bonaparte, di artisti del Novecento, “Exposition d’art italien moderne”.
Dopo tanto peregrinare per gli alberghi parigini, finalmente nei primi mesi del 1930 de Pisis ha un appartamento in rue Servandoni all’ultimo piano,33 dove rimarrà fino al suo rientro in Italia nel 1939. In questo appartamento passano molti amici italiani (Palazzeschi, Moretti, Achille Funi) e si incontrano personaggi della cultura francese.
Partecipa alla XVII Biennale di Venezia nella sala “Appels d’Italie” ordinata da Mario Tozzi e introdotta da Waldemar George, vicino a Campigli, Berman, Martinelli, Ozenfant, Paresce, La Fresnaye, Savinio, Survage, Severini e Tozzi. Dopo un breve viaggio ad Amsterdam torna in Italia, a Venezia. A Milano partecipa a una mostra col gruppo di Parigi, organizzata da Waldemar George alla Galleria Milano. Nell’ottobre è di nuovo a Parigi. Il 27 dicembre si apre alla Galleria Milano una sua personale. Conosce Leo Longanesi, che gli propone di collaborare a “L’Italiano”.

1931-1935 

Il 3 gennaio 1931 si inaugura a Roma la I Quadriennale al Palazzo delle Esposizioni, alla quale de Pisis partecipa con cinque opere. Esce una monografia a lui dedicata nella collana “Arte moderna italiana” curata da Giovanni Scheiwiller, con testo critico di Sergio Solmi. In primavera P.M. Bardi, trasferitosi da Milano a Roma, gli organizza nella sua galleria una personale. De Pisis viene in Italia, a Milano, Roma, Venezia. Con de Chirico espone al Club Americano. Scrive articoli per “L’Arte” di L. Venturi, “Il Selvaggio” e “L’Italia Letteraria”. Durante l’estate torna in Cadore, a Cortina, con gli amici Comisso e Cavicchioli, poi scende a Cesenatico e a Bellaria, dove reincontra Panzini. Più tardi a Venezia dipinge il San Moisè della collezione Jesi. In ottobre, tornato a Parigi, inaugura una personale alla Galerie Jacques Bonjean con una presentazione in catalogo di François Mauriac. Scrive Estetica del vestire che intende pubblicare con l’introduzione di Mauriac.34 È presente alla mostra del Novecento italiano organizzata a Stoccolma e poi trasferita a Oslo. Illustra con dodici acquarelli il volume di G. Comisso Questa è Parigi, edizioni Ceschina, Milano. Il 19 febbraio 1932 la Galerie-librairie Jeune Europe diretta da Antonio Aniante inaugura una mostra di disegni e piccoli dipinti di de Pisis. Ormai è un pittore di successo; frequenta Braque, Cocteau, Derain e Soutine.
Si lega d’amicizia con Léonor Fini e lo scrittore André Pieyre de Mandiargues. Nel mese di marzo la Galerie Bernheim organizza una vasta collettiva che, sotto il titolo “Artistes italiens modernes”, presenta l’opera di ventidue artisti; a fianco di de Pisis troviamo, fra gli altri, Casorati, Campigli, de Chirico, Savinio, Morandi, Scipione, Severini, Tozzi, Tosi e Marussig. In primavera è brevemente in Italia, a Firenze e Roma. Partecipa alla XVIII Biennale di Venezia, nella mostra degli “italiani di Parigi”, con ben diciassette opere, fra cui vedute di Venezia, strade di Parigi e nature morte. A Roma ha una personale alla Galleria Arduini. Passa l’estate a Cannes. In ottobre rientra a Parigi. Esce quest’anno un volume di Cavicchioli, Le nozze di Figaro, illustrato da quindici tavole di de Pisis. Inizia una collaborazione con le Edizioni Nord-Est di Giuseppe Marchiori.
Nell’aprile 1933, su invito del mercante Zwemmer, è a Londra. La città è meno accogliente di Parigi, ha però per de Pisis un suo fascino; dipinge Trafalgar Square e altre impressioni; visita la National Gallery e tutti i musei, ma con un impeto diverso rispetto a qualche anno prima.35
Collabora con articoli a “Vetrina” di Milano, a “Circoli” di Genova, a “L’Italia Letteraria”. Durante l’estate è a Bologna e a Cesenatico dall’amico Moretti, poi a Cortina e Venezia. Tiene una personale a Firenze a Palazzo Ferroni. Tornato a Parigi, espone in una mostra accanto a Léonor Fini. Sempre a Parigi nel 1934 gli viene allestita dalla Galerie des Quatre Chemins una mostra intitolata “Fleurs de de Pisis”, presentata in catalogo da Massimo Bontempelli. La XIX Biennale di Venezia presenta quattro sue opere, Lavandaie alla Marecchia, Dal ponte di TiberioPaesaggio-Rimini, Natura morta.
“L’Italia Letteraria” e il “Corriere Padano” pubblicano suoi articoli. In giugno, seguendo un invito del fratello Pietro, passa qualche tempo nel Gers, in Guascogna, dove questi possiede un castello settecentesco. Il luogo gli sollecita numerosi paesaggi e scene campestri di felice ispirazione.
Alla Fenice di Venezia, in settembre è rappresentata un’opera di Vittorio Rieti con scene di de Pisis, che è presente alla prima. Nel mese di febbraio 1935 si inaugura la II Quadriennale nazionale d’arte. De Pisis, che ha una sala con diciannove opere, torna a Roma per l’occasione, dopo aver brevemente soggiornato a Siena presso l’amica Elena de Bosis Vivante.
Fra marzo e giugno è di nuovo a Londra per dipingere su invito di Zwemmer. Viene ospitato dalla pittrice Vanessa Belli, sorella di Virginia Wolf. Conosce e frequenta il pittore Duncan Grant. Ha con sé un segretario, Edoardo Languasco, che lo segue nelle sue sortite con cavalletto e pennelli nelle strade londinesi.36
Il 1° maggio Zwemmer inaugura una sua mostra personale con molti dipinti realizzati sul posto. È un successo. Molte opere entrano in importanti collezioni inglesi.
A Parigi in maggio si apre al Jeu de Paume la mostra “Art italien des XIXe et XXe siècles”, che presenta cinque dipinti di de Pisis. Passa di nuovo l’estate nel Gers.

1936-1938 

Nel marzo 1936 è a Milano per un intervento chirurgico. Il mercante V.E. Barbaroux gli commissiona delle vedute milanesi. È invitato alla XX Biennale di Venezia con nove dipinti. Va a trovare il fratello Leone in villa a Formigine; in agosto è a Cortina e poi a Venezia.
A Parigi, nel marzo 1937, partecipa a una mostra organizzata dalla Galerie Rive Gauche, “Epoque métaphysique”, accanto a Max Jacob e Jean Cocteau, con prefazione in catalogo di Henri Saguet. Scrive e pubblica articoli (Saper dipingere Una mostra di Degas) sul “Meridiano” di Roma.
In estate è in Italia, ospite del fratello Pietro a Celleri. Durante una breve sosta a Piacenza dipinge Piazza Cavalli.
Nel numero di “Emporium” del gennaio 1938 compare uno scritto di de Pisis, La cosidetta arte metafisica. In primavera torna a Londra e dipinge vedute della città (La chiesa di St. Martin).
Gli viene organizzata una mostra a Palermo al Palazzo della Seta. Passa l’estate a Vicenza e soggiorna brevemente a Cannes prima di raggiungere il castello di Argenteins nel Gers, divenuto ormai una meta abituale. A Parigi in novembre incontra l’amico poeta Umberto Saba. Il 27 aprile 1939 viene pubblicato un suo libro, Poesie, dalla Libreria Internazionale Modernissima, dedicato “A Nicola Moscardelli con gratitudine”.

1939-1942 

Tra febbraio e luglio di questo stesso anno si tiene a Roma la III Quadriennale, dove de Pisis espone tre opere: Composizione, Notte di luna Paese di Guascogna. A Milano Barbaroux gli organizza una personale. Alla “Mostra nazionale del paesaggio”, allestita a Bergamo, vince il secondo premio.
Scoppia la guerra; de Pisis decide di lasciare definitivamente Parigi e in agosto rientra in Italia. Va a Vicenza, poi a Rimini, a Bologna e Roma, dove decide di donare alla Galleria d’Arte Moderna dodici dipinti.
Per qualche settimana si stabilisce a Vicenza e per dipingere affitta il magazzino di un falegname. Poi scompare lasciando sulla porta l’indirizzo dell’Hotel Vittoria in via Durini a Milano,37 che resterà il suo recapito milanese sino alla fine del 1941.
Malgrado lo spazio non sia molto, nella sua stanza riceve amici e dipinge intensamente. Nel 1940 esegue molti ritratti, fra cui L’uomo leone Il beato Labre.
A fianco dello scultore Mirko espone alla Galleria di Roma. Passa l’estate fra Cortina e Fiera di Primiero, poi sosta a Bologna per un mese, dove riunisce gli amici degli anni dell’università. In settembre è a Rimini. Da una lettera a Bonuglia dell’11 dicembre 1940 risulta una frequentazione dello studio di Sciltian a Milano, dove si reca anche per dipingere. Viene ristampata la piccola monografia di Hoepli, a dieci anni dalla prima edizione, ampliata nelle tavole e nel testo di Solmi. Nel mese di febbraio la Galleria Genova di Stefano Cairola gli dedica una personale che riunisce un buon numero di opere recenti. Un’antologica gli viene organizzata in dicembre dalla Galleria Cavour di Firenze e un’altra a Milano da Barbaroux. Partecipa al III Premio Bergamo con due nature morte.
Alla fine del 1941 trova finalmente casa in via Rugabella 11, vicino ad altri artisti suoi amici, Marino Marini, Pompeo Borra, Domenico Cantatore, Aldo Salvadori e il poeta Leonardo Sinisgalli. Come sempre, anche la casa di Milano diventa un punto di ritrovo con gli amici letterati, poeti, pittori. In questo periodo si incontrano in via Rugabella Marino Moretti, Cavicchioli, il giovane Guttuso, l’elegante conte Zauli, Orfeo Tamburi, amico di Parigi, e Fiorenzo Tomea, cadorino, che condivide con de Pisis l’amore per la montagna.
Il 25 febbraio 1942 la Galleria del Cavallino di Venezia gli dedica una personale. L’editore Vallecchi pubblica un’ampia raccolta di sue Poesie,e una monografia, Filippo de Pisis, di Giovanni Cavicchioli.
Ha una sala personale con diciotto opere dal 1923 al ’42 alla XXIII Biennale di Venezia; partecipa alla “Mostra del disegno contemporaneo” organizzata a Milano, a Brera.
Si reca spesso a Venezia, Bologna e Rimini. Trascorre l’estate a Cortina. Nel mese di maggio è minacciato dell’invio al confino da parte del prefetto di Milano con l’accusa di “perturbatore della morale”, mossagli probabilmente da ragazzi di vita denunciati da de Pisis in seguito a continui furti alla sua casa di via Rugabella. A Roma la Galleria dello Zodiaco inaugura la sua attività in novembre con una personale di de Pisis.

1943-1956 

Nel gennaio 1943 acquista un palazzetto a Venezia in San Sebastiano dove, dopo i primi bombardamenti di Milano nell’agosto di quest’anno, deciderà di trasferirsi.38 Partecipa alla IV Quadriennale con sette opere. Eugenio Montale scrive su “Il Tempo” un articolo dedicato alla poesia di de Pisis.39
Carlo Emilio Gadda pubblica a Firenze da Parenti Gli anni in 175 esemplari più 25; ogni copia contiene un ottavo con tre disegni di nudo di de Pisis. Dopo l’estate a Rimini è brevemente a Milano per chiudere casa,40 poi a Roma e quindi definitivamente a Venezia dove, in attesa di poter alloggiare nel palazzetto di sua proprietà, affitta un appartamento a San Samuele e uno studio a San Barnaba. Gira per le calli e i campi con il cavalletto, la camicia da pittore, il basco da marinaio bretone, la cassetta dei colori, la tavolozza e il pappagallo Cocò sulla spalla. Dipinge con gioia ed entusiasmo le facciate delle chiese – San Moisè, San Vidal, San Marco, la Salute, San Simeone – gli scorci dei canali (il Canal Grande, il ponte di Rialto, il bacino di San Marco); intorno a lui che gioca il ruolo del personaggio, e che non fa nulla per non essere notato, si riuniscono crocchi di curiosi, di appassionati che assistono ogni volta alla nascita di un piccolo miracolo sulla tela.
Esce, per l’editore Chiantore di Torino, una sua monografia con testo di Ugo Nebbia.
Ai primi del 1944 prende casa nel palazzetto di San Sebastiano.41
Rodolfo Pallucchini firma la presentazione di una cartella di sei litografie, tirata in 70 esemplari, per le edizioni del Cavallino. L’editore Damiani di Milano pubblica il Viaggio sentimentale di Sterne nella traduzione di Ugo Foscolo, illustrato da otto tavole a colori di de Pisis: dell’edizione in 510 esemplari otto contengono un acquarello originale.
A Roma fra la fine del 1944 e l’inizio del ’45 Palma Bucarelli organizza per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna l’Esposizione d’arte contemporanea alla quale viene invitato de Pisis con quindici opere che coprono un arco di dieci anni, dal 1927 al 1937.42
Nei primi mesi del 1945 de Pisis tiene una personale alla Galleria del Cavallino, e per le edizioni della galleria collabora alla pubblicazione diSoggiorno a Venezia di Marcel Proust con quattro disegni di soggetto veneziano. In aprile un’altra edizione con 17 sue litografie originali in 150 esemplari illustra I canti di Catullo tradotti da Vincenzo Errante, realizzata per la Hoepli di Milano da Mardesteig di Verona.
Ancora l’editore Enrico Damiani dà alle stampe a Milano Poésies di Verlaine con dieci riproduzioni di acquarelli di de Pisis, in 645 esemplari, dieci dei quali contengono un acquarello originale. Per le stesse edizioni viene pubblicato il volume di Raffaele Carrieri Il disegno italiano contemporaneo, nel quale è dedicato ampio spazio all’attività grafica di de Pisis.
Dopo il 25 aprile, all’uscita da una festa mascherata è arrestato dalla polizia per incongruenza fra quanto da lui dichiarato e i documenti, intestati a Tibertelli.
Durante l’estate è ad Auronzo e quindi a Cortina, da dove verrà espulso dalla polizia. In dicembre a Venezia le edizioni Il Tridente pubblicano in 310 esemplari Alcune poesie e dieci litografie a colori di Filippo de Pisis.
L’11 gennaio 1946 il “Gazzettino” di Venezia riferisce un’aggressione a de Pisis nel suo appartamento da parte di cinque banditi.
La nipote Bona, figlia del fratello Leone, si iscrive ai corsi dell’Accademia di Belle Arti di Venezia e va ad abitare da un’amica di fronte all’appartamento di de Pisis. Molto legata allo zio, sarà una presenza costante negli ultimi anni. Nel 1949 si sposerà con André Pieyre de Mandiargues.
In agosto la Galleria del Cavallino dedica una mostra personale a de Pisis che, come di consueto, trascorre l’estate in Cadore. In ottobre è a Milano, dove si fermerà qualche mese. Nel gennaio del 1947 la Galleria Palma di Roma allestisce un’ampia antologica di de Pisis che copre un arco di attività di venticinque anni. Gli viene organizzata una mostra anche a New York.
In primavera, accompagnato da Bona e dal suo gondoliere Bruno, è sul lago di Garda e a Verona. Sempre con loro passa l’estate a Siusi.
Tornato a Venezia in settembre, incontra gli amici Comisso, Cavicchioli, Olga Signorelli. In ottobre la casa editrice Il Balcone di Milano pubblica Prose e articoli di de Pisis a cura di Massimo Carrà.
Nello stesso mese de Pisis, sempre con Bona, torna a Parigi, dove si fermerà fino al maggio 1948, alloggiando all’Hôtel des Saints-Pères e dipingendo nello studio di un’amica pittrice. Rientra in Italia con i primi sintomi della malattia che lo condurrà alla morte.
È a Venezia per la Biennale, la prima del dopoguerra, che gli dedica una sala personale con trenta opere dal 1926 al 1948, ordinata e presentata da Rodolfo Pallucchini. Si parla anche di una candidatura al gran premio, ma un telegramma da Roma ne proibisce il conferimento a lui perché omosessuale.
Gli vengono organizzate esposizioni alla Galleria Art Club di Pisa e alla Galerie Moos di Ginevra (dicembre).
In ottobre viene ricoverato nella clinica di Brugherio: quando viene dimesso, a metà novembre, va a Milano, poi torna a Venezia. Durante un viaggio da Venezia a Roma, alla fine di dicembre, è costretto a fermarsi a Bologna dove viene ricoverato alla Clinica universitaria, poi nella casa di cura del professor Mario Gozzano fino al giugno 1949. Dipinge poco e con fatica. Riprende con rinnovato entusiasmo a St. Vincent, dove con Bona trascorre un periodo di convalescenza. In autunno rientra a Venezia. Ma poco dopo è di nuovo a Brugherio, a Villa Fiorita, dove rimarrà, tranne brevi intervalli, fino alla morte.
Nelle lettere che scrive agli amici in questo periodo si avverte un’altalena di umori, tra la fiducia di riuscire a guarire e lo sconforto per la situazione che è costretto a sopportare nell’ambiente deprimente di Villa Fiorita, che indica in ogni intestazione con “che ironia” riferendosi a quell’aggettivo “fiorita” quantomeno ridicolo per il luogo.43
Ai primi del 1950 esce una monografia dedicata ai suoi disegni per le edizioni del Cavallino, con introduzione di Giuseppe Raimondi. Il 18 aprile la Galleria Rotta di Genova inaugura una personale di sue opere recenti. La XXV Biennale di Venezia gli dedica una sala con tredici opere, paesaggi, nature morte, e ritratti del periodo 1948-50.
In luglio si trasferisce a Villa Maggio in Valsassina, dove riprende a dipingere sollecitato dalla bellezza della campagna circostante. In settembre rientra a Villa Fiorita, dove dipinge nella serra.
Altre mostre sono organizzate durante quest’anno alla Saletta di Modena, alla Bussola di Torino e alla Scaletta di Bologna.
Nei primi mesi del 1951, nelle sale della Strozzina in Palazzo Strozzi, è allestita una mostra di opere di de Pisis provenienti da collezioni toscane. Il 10 maggio gli viene assegnato il Premio Roma per il dipintoRitratto di Colette.
Fra giugno e luglio a Ferrara, al Castello Estense, Giuseppe Raimondi cura la sua prima grande antologica. De Pisis è sempre in clinica a Villa Fiorita e a Villa Maggio durante l’estate.
Ancora dipinge e scrive poesie e lettere agli amici. L’editore Vallecchi di Firenze pubblica nel 1952 l’importante monografia di Raimondi, con antologia critica, 14 tavole a colori e 165 in bianco e nero.
L’artista è presente con un’opera alla Biennale di Venezia. In una lettera a Bonuglia scrive che la Galleria del Milione gli sta organizzando una mostra a Copenhagen.44
Nel 1953 gli viene assegnato il Premio del Fiorino di Firenze. Per le edizioni di Daria Guarnati viene pubblicato il suo scritto Venezia o la consolazione della pietra nel volume Immagini di Venezia.
Marco Valsecchi, durante una visita a Villa Fiorita, traccia un ritratto emblematico dello stato psicologico di de Pisis; ormai rifiuta gli amici, i pennelli, non scrive, non legge.45
Il 28 febbraio 1954 si inaugura a Ivrea, per il Centro Culturale Olivetti, la mostra “Figure e ritratti nell’opera di Filippo de Pisis”, presentata da Raimondi, che verrà trasferita a Milano alla Galleria del Milione.
Vince il Premio di pittura Marzotto. Alla XXVII Biennale di Venezia è presente con sei opere.
Nel novembre 1955 la VII Quadriennale di Roma espone otto dipinti di de Pisis nella sezione curata da Giorgio Castelfranco e intitolata “Antologia della pittura e scultura italiana dal 1910 al 1930”.
Il 2 aprile 1956 muore a Milano in casa del fratello Francesco.
In giugno la Biennale di Venezia affida a Umbro Apollonio e Marco Valsecchi l’organizzazione di una vasta retrospettiva che comprende 65 opere, presentata da Francesco Arcangeli.46


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